domenica 18 luglio 2010

Capitolo 6


Capitolo 6


L'elfo passò tutto il pomeriggio tra le stradine di città; grazie al denaro comprò alcune scorte di carne secca e fece rifare il filo ad alcune lame, soprattutto alla daga che aveva preso durante il suo “lavoro”.

Passò il tempo camminando come un “turista” per le strade di Camoka cercando di capire se qualche notizia della rapina fosse trafelata tra la popolazione o tra le guardie.

Per quanto riguarda la popolazione, sembra che tutto fosse tranquillo, mentre invece alcune guardie disposte in vari punti della città sembravano interessate alla sua figura; decise quindi visto l'ora di cenare in una locanda e muoversi fuori città, a nord del grande lago che cingeva Camoka.

Notò una anonima e minuta locanda, c'erano poche suppellettili: un lampadario in legno, alcuni dipinti raffiguranti fiori e frutta, alcune candele accese poste sui tavoli più grandi ed un nano che si sbracciava mentre masticava un grande pezzo di cinghiale.

Raniel sospirò, non si aspettava di trovare compagnia e di certo non l'aveva cercata ma si ricordò che Myasa era venuto in città con lui per rifornirsi di materiale per la caccia, e forse poteva sapere qualcosa riguardo il territorio.

"Per la santa neve, elfetto che ci fai qui?"Chiese Myasa appena Raniel si fu accomodato al tavolo "CAMERIERE, CE NE PORTI ALTRI DUE!"

"In realtà pensavo che te fossi venuto solo per rifornirti, pensavo fossi già tornato al tuo villaggio..."

"Si, ma sai...si è tenuta questa settimana proprio una gara di caccia nella riserva imperiale a Nord del lago, dove sono arrivato tra i primi cinque!Quinti per l'esattezza, ma tra i primi cinque della intera regione? Capisci ragazzo?BWA BWA BWA!un gruzzolo niente male"

"Si capisco"mentì e continuò"Hai detto a nord del lego? E' una riserva?"

"Si, ci puoi scommettere: al momento sono autorizzato per altri tre giorni ad entravi per poter cacciare, sono momentaneamente in prova presso l'ordine imperiale come cacciatore ufficiale sai pagano..."

L'ordine imperiale, l'istituzione oligarchica che gestiva l'intero impero umano; era anche chiamata come “Santa istituzione dei martelli” per via del simbolo e della pesante ingerenza che i paladini avevano sulla oligarchia, di cui sebbene non facevano ufficialmente parte. L'ordine imperiale reclutava da soldati a cacciatori, passando per spie e ingegneri, tutte erano messe al servizio dell'impero per l'impero.

"...e quindi è più o meno andata cosi'"

Raniel si era totalmente disinteressato al discorso del nano, e appena si accorse che aveva finito di parlare, incalzò "Interessante...Senti sai dirmi se ci sono cascate? Ci sono guardie nel perimetro o dentro?"

Myasa lo guardò abbozzando un mezzo sorriso, poi si fece un poco più serio e si avvicinò all'elfo, salendo sullo sgabello "Una persona nella tua posizione non dovrebbe cercare di mettersi nei guai, quando le acque non si sono ancora calmate: hai pestato i piedi ad un pezzo grosso della città ieri notte..."

l'elfo sgranò gli occhi

"Un lavoro del genere sembra proprio opera tua, o almeno ho questa impressione..."Myasa tornò a sedersi sulla panca e a mangiare voracemente la carne "Lavoro per un consociato di quell'uomo: sono dicerie ieri è stata rubata una daga e una guardia è stata trovata senza sensi."

"Comunque" Continuò Myasa "ci sono delle guardie solo all'esterno e per entrare devi avere un pass, il mio è valido per tre giorni te lo posso cedere,però cerca di farmelo riavere in tempo, mi raccomando" avvicinando un pezzo di carta verso l'elfo.

Raniel prese il pezzo di carta dandogli una veloce occhiata e lo ripose dentro la sua sacca, e nel mentre prese la daga che il giorno appresso aveva rubato porgendola a Myasa

"Digli di averla trovata da un ambulante e di aver preteso che fosse restituita poiché merce rubata"

Myasa prese la daga e la nascose sotto i vestiti.

"Bene. Io vado, ti farò riavere il permesso il prima possibile"

"Hei elfetto" Myasa lo fermò poco prima che si fosse allontanato troppo "Non farti notare mi raccomando" e ebbe una mesta risposta con un “si” mimato con la testa dell'elfo che usciva dalla locanda.

"Oggi era dannatamente loquace...sembrava quasi mia zia, che non la smetteva mai mai mai di parlare...come abbia trovato marito...Deve essergli successo qualcosa si bello...O di brutto".

domenica 11 luglio 2010

Capitolo 5





Capitolo 5



Il mattino seguente Raniel venne risvegliato da un pescatore del luogo: era da poco sorta l'alba.

L'elfo si alzò e si incamminò verso la casa del committente, per percepire il restante compenso e per consegnare il libro.

Ci impiegò una mezzora, cercando di passare per i vicoli meno trafficati e meno rumorosi; arrivò a tarda mattinata alla villa; non su accolto dai due militari, ma dalla domestica della casa.

"Mi duole informarla che, per una questione amministrativa, il mio signore non è in casa e non tornerà prima dell'ora di pranzo: mi ha comandato, qualora lei lo volesse, ad usufruire di una stanza e di un pasto"

"Va bene, accetto"

Raniel entrò nella casa e fu introdotto in una stanza adibita per gli ospiti.

"Potete usufruire della stanza per riposarvi o rinfrescarvi, li avete a disposizione un bagno personale"disse indicando una porta sul retro della stanza

"Il pranzo qualora lo vogliate sarà servito al piano terra alle ore tredici in punto"concluse e si ritirò chiudendo la porta.

Raniel entrò dentro il bagno, piastrellato di un motivo azzurro chiaro con una banda, anch'essa piastrellata di colore giallo però e notò una doccia; ben pochi potevano permettersi il lusso di possederne una.

Vicino alla doccia vi erano in successione tutti i comfort dei comuni bagni, come lavello, specchio asciugamani di cotone e lino.

Si tolse i vestiti, li adagiò sul letto, ed entrò dentro la doccia per rinfrescarsi e lavarsi.

Uscì da essa dopo aver passato alcune decine di minuti sotto l'acqua, riacquistando la calma che la notte precedente aveva perso.

Uscì dalla doccia chiudendo i rubinetti e si strizzò i capelli alla meglio lasciandoli ricadere sulle spalle ancora umidi.

Appena uscito dal bagno qualcuno bussò alla porta, era un'altra domestica ma sembrava essere decisamente più giovane di quella stanziata alla porta principale

"Mi scusi, vuole che le lavi i vestiti?"

Raniel prese un asciugamano e lo cinse introno alla vita come una gonna per coprire le nudità e si avvicinò alla porta.

"Non saprei cosa mettermi..."

"Il mio padrone ha dato disposizioni per farle avere un cambio per la sua permanenza, qualora lo accettiate"

L'elfo rimase alcuni istanti immobile, deciso sul farsi, dopodiché aprì la porta: era una ragazza più o meno della stessa età di Raniel, minuta, non più alta di un metro e sessanta; indossava abiti lavorati a mano e con merli di pizzo sulle spalline e sui gomiti.

La donna rimase imbarazzata nel costatare che il suo ospite le avesse aperto indossando solo un asciugamano e nulla più, mostrando il suo corpo che rispecchiava la sua vita affatto sedentaria.

"Ecco i vestiti...tenga"porse un completo all'ospite cercando di non incrociarne lo sguardo

Dopodiché prese i vestiti dell'elfo, tranne la giubba di pelle con le armi, e si diresse verso il piano inferiore.

Ripensò dopo alcuni passi che lo strano uomo aveva delle orecchie chiaramente elfiche, cosi' come le pupille ovalizzate, rimanendo ancora di più sorpresa.

L'elfo indossò i vestiti che la ragazza gli aveva portato:un pantalone molto comodo di colore blu, una maglia anch'essa blu e una giacca di lino di colore rosso porpora; dopo essersi vestito prese il libro e scese per le scale arrivando al piano terra; si guardò un po' in giro, c'erano molte librerie colme di libri e trofei di caccia, sedie e divani da conversazione: fu attirato da uno strumento molto singolare che ebbe modo di sperimentare nella grande città del sud di nome Caundurn, a stretto contatto commerciale con le isole del sud; lo strumento era composto da tre parti, la prima era come una ampolla di vetro, dai colori variopinti, al cui interno vi era dell'acqua presumibilmente fredda, appoggiata all'ampolla poi c'era una struttura di metallo che culminava con una piccola coppa bucherellata dove vanno inserite delle foglie ,trattate in maniera particolare, ed infine due lunghi tubi ricoperti da una tela variopinta chiusi all'estremità con due piccole protuberanze a forma di fischietto; era usato al posto della pipa per fumare foglie di qualsiasi genere, a condizione che fossero rese molto umide, addirittura era possibile inserire dei pezzetti di frutta dentro le foglie, che, bruciando grazie ad un pezzetto di legno o di carbone, avrebbero dato un aroma fruttato alla foglia; era una pratica molto gradita alle signore e signorine; era un pezzo pregiato, sebbene era chiaro che non fosse sul tavolo per esposizione ma per utilizzo abbastanza frequente, un peccato poiché era di certo una rarità originale delle isole del sud e non una riproduzione.

Raniel calcolò che dovesse mancare circa un'ora al pranzo e si sedette su un divanetto davanti la rarità, prese dal tavolino un po' di quelle foglie rese molto umide, prese poi da una scatolina ,sempre posizionata sul tavolo, dei pezzetti di carbone e li riscaldò al fuoco che era non molto distante dal divano.

Una volta reso caldo lo poggiò sopra le foglie ed iniziò ad aspirare da uno dei due tubi colorati con grandi boccate,un fumo dall'aroma fruttato che doveva essere fragola o ciliegia.

Passò alcuni minuti con il fischietto in bocca, in totale rilassamento cercando di non pensare alla sera precedente; proprio nel momento di massimo rilassamento, dalla tasca cadde sul divano il libro e si aprì.

Raniel notò ora che esso era decisamente esile, appena una trentina di pagine con una copertina di pelle rossa, nessun titolo esterno.

Iniziò a sfogliarlo e a leggerne il contenuto, mentre di tanto in tanto si godeva il piacere di quell'aroma gradevole e rilassante: il protagonista era un eroe della casata dei Custodi della Cenere, che combatteva proprio nei vicoli di Camoka, e che, dopo aver sconfitto tutti i nemici in una epica battaglia contro una immonda creatura evocata da un signore delle tenebre appartenente alla Disperazione del Ghiaccio, ferito molto profondamente, andò a rifugiarsi sotto una cascata a nord del grande lago di Camoka, una cascata dove “il sole sembra piangere una nuova vita”.Il libro si concludeva con la eroica morte dell'eroe che, grazie alla spada conficcata proprio in quel luogo, riuscì a purificare il suolo dove poi, alcuni decenni dopo, si sarebbe posta la prima pietra di Camoka.

Raniel richiuse il libro e stimò che l'ora del pranzo fosse prossima, tolse il pezzetto di carbone e pulì la sommità dello strumento esotico.

Il pranzo gli fu servito poco dopo, nella sala da pranzo cosi' detta “familiare” poiché veniva usato per i pasti familiari; tutto quel lusso in realtà cozzava con a natura dell'elfo, austera e con una vita passata praticamente nella illegalità, ma gradì il cibo cucinatogli.

Dopo aver consumato il pasto tornò ancora una volta nel salone principale, finché il padrone non tornò.

Raniel lo attese nel salotto al piano terra, seduto davanti ad un fuoco scoppiettante, e appena entrò il padrone di casa si alzò dal comodo divano.

"Allora, come è andata?"

Raniel prese il libro e lo porse all'uomo

"Ho, bene bene...hai letto il libro?"

"No" mentì l'elfo.

"Sai, è una novella scritta da mia figlia, colui che teneva questa unica copia era creditore nei miei confronti di una ingente somma, che io coprii alcuni mesi fa; prese quel libro come garanzia, forse per faro pubblicare o chissà quel quale strano motivo...Insomma non vale moltissimo..."cambiando discorso poi"Devo dire che questi abiti ti stanno benissimo addosso"

"Se non sono scortese vorrei congedarmi per svolgere un altro incarico"

"Ho si certo, attendi in camera finché non saranno pronte le tue suppellettili, ed ovviamente"l'uomo prese una sacca con dentro una manciata di monete e le mise in mano a Raniel"ecco l'altra metà del compenso"

Raniel iniziò a contare e monete mentre si incamminava nella stanza dove avrebbe atteso le proprie suppellettili prima di lasciare l'abitazione.

sabato 3 luglio 2010

Capitolo 4



Capitolo 4



La città era attraversata da una moltitudine di piccolissime strade, erano grandi appena per far passare un carretto; ogni strada era ricoperta da botteghe e da le loro mercanzie: bigiotteria, tappeti, anfore, armi, piante, cibo.

Camoka, di forma pentagonale aveva i due lati orientati ad est a ridosso del fiume e li sorgevano le ville ed il quartiere ricco, ad ovest invece, era presente la parte più umile della città, con numerose case fatiscenti.

La striscia centrale era un misto della prima e della seconda, con lo scopo di accompagnare il visitatore alla visione del santuario del falco pescatore, posto al centro della città.

Sebbene fosse una città decisamente pacifica, le guardie dell'Impero erano presenti in forze, con una base militare proprio nel centro della città: dopotutto Camoka insieme ad Arem era una città di frontiera e anzi, molti pensavano che la stessa Arem fosse in realtà non più sotto il controllo politico dell'impero, ma degli ordini monastici di quelle terre; è per questo motivo che le guardie imperiali abbondavano.

Raniel non fu rallegrato dalla massiccia presenza del personale militare in quella città, molte guardie significano molti occhi e molte spade, pronte a posarsi sulla sua schiena al primo passo falso.

L'elfo iniziò ad incamminarsi verso il quartiere ad est dove lo attendeva il committente del suo futuro lavoro, qualora lo avesse accettato; durante la passeggiata ebbe tempo per riflettere sulla situazione politica delle terre, accompagnato da melodie che i menestrelli all'angolo di ogni strada suonavano con i loro flauti.

L'impero umano si era da circa mille anni unificato sotto una unica bandiera e aveva creato un unico grande impero governato da una oligarchia forte e conservatrice, aveva con fatica conquistato e colonizzato territori al sud, popolati un tempo da creature feroci; alcune leggende parlano di demoni, altre di incroci tra elfi e demoni, creature informi e dedite al caos fine a se stesso.

La unificazione non portò ad una conquista di territori esterni; ad est, arroccato sui monti ferrosi si erige lo stato dei nani,alleati militari e politici, con la sue capitale “Incudine D'Acciaio” , mentre la grande maggioranza delle coste e parte dell'entroterra dell'ovest sono territorio della monarchia degli Elfi, con capitale “Ar Aeglir” in umano “Regale catena di picchi montani”,che hanno con l'impero umano un patto di non belligeranza reciproco.

Esistono poi un arcipelago a nord e a sud di dimensioni quasi pari alle terre dei nani; le isole al nord sono in realtà la vera patria dei nani, o meglio, dei nani che hanno deciso di non unirsi all'impero umano non chiarendo la loro politica.

A sud invece si erige un'ulteriore stato umano, completamente immerso nella fitta vegetazione; anch'essi non sono ne alleati, ne emici dell'impero umano.

In tutto ciò, nell'unico lembo di costa ad ovest non elfico, si erige una piccola città stato, sede dell'alta accademia delle arti magiche, che è politicamente estranea a qualunque guerra, sebbene sia economicamente assoggettata all'impero umano e, in parte molto maggiore, alla monarchia degli elfi.

Raniel era finalmente arrivato alla residenza a cui era stato indirizzato: aprì il cancello ed entrò nel giardino; fu dopo alcuni passi intercettato da alcune guardie che gli bloccavano il passaggio.

Interamente coperte da una armatura pesante colorata di un blu acceso, colore dell'impero umano, erano equipaggiate con una lunga spada e uno scudo a goccia recante i simbolo delle guardie imperiali: una coppia di martelli incrociati e un sole sullo sfondo.

"Alt!Non faccia un passo in più, sa dove si trova in questo momento?"Chiese una delle guardie

"Levatevi, devo parlare con il padrone di casa"Rispose l'elfo senza fermarsi.

Le due guardie avevano già portato la mano libera sull'impugnatura della spada, pronti a sguainarla, ma dall'uscio della porta uscì una donna, intimando di lasciar passare l'uomo.

Le due guardie si scansarono e fecero passare Raniel, non prima di essersi inchinate verso la donna.

Una volta arrivato dentro la casa, Raniel si rivolse alla donna

"Dovrei vedere il padrone della magione, al più presto"

La donna fece un inchino con la testa e indicò di seguirla attraverso le scale della casa.

Dovettero percorrere tre rampe di scale per giungere al terzo piano, sede dello studio privato non ché degli appartamenti familiari.

L'intera magione era tappezzata da quadri e trofei di caccia, alci, cinghiali, orsi ma non mancavano carpe, trote e qualche animale esotico completamente imbalsamato, come uno strano bipede con lunghe glabre gambe ed un collo delle stesse dimensioni e fattezze: l'unica cosa di animale era il folto piumaggio tra testa e gambe, ed il becco quasi da anatra.

La donna bussò ad una porta di legno e qualcuno dentro le intimò di far passare l'ospite.

Raniel aprì la porta e la richiuse alle sue spalle.

Davanti a se un uomo decisamente in carne, era seduto ad ammirare lo scoppiettio del fuoco, sorseggiando del vino caldo.

"Avanti siediti qui, si sta bene vicino al fuoco"fece cenno l'uomo a Raniel, che seguì il consiglio.

Le tavole di legno del pavimento scricchiolavano leggermente al passaggio dell'elfo, segno che la casa era vecchia, probabilmente era stata tramandata da padre in figlio.

Appena Raniel si sedette, l'uomo iniziò a parlare, tra di loro c'era un piccolo tavolino, con su sopra un disegno abbozzato di un qualcosa che era vagamente somigliante ad un prospetto di uno specifico piano.

"Come mai questo ritardo?Ti aspettavo ieri"

"Ho avuto impegni che mi hanno trattenuto"

"Fa nulla; allora ciò che devi fare è semplice, devi entrare in questa casa"battendo con l'indice sul foglio"e scambiare un libro che si trova al terzo piano, con uno che ti darò"

"Ho capito..."

"Non devi uccidere nessuno, non devi provocare danni, non devi farti assolutamente scoprire"

Raniel respirò profondamente

"Mi serviranno almeno sei giorni per prepararmi e..."

Il committente anticipando Raniel estrasse delle monete che riversò sul tavolino "E ti servirà un anticipo per i materiali"

Raniel prese le monete che mise dentro la sacca e si alzò

"Se è tutto, io andrei per mettermi al lavoro"

"No aspetta, non è tutto"Lo fermò l'uomo"Se possibile non leggere il libro, non è un ordine ma non troveresti nulla di interessante"

Raniel si girò e fece per uscire, appena prima di aprire la porta, la mano dell'uomo si poggiò sulla spalla

"Aspetta: il libro che devi scambiare è uno identico a questo; solo il testo è differente"

Raniel fu colto alla sprovvista, raramente accadeva; l'uomo non solo era corpulento, ma in più era riuscito ad avvicinarsi all'elfo di soppiatto, senza fare il minimo rumore su quel pavimento cosi' malandato

"Va bene" rispose, uscendo dalla stanza.


Ci vollero due giorni per ottenere il necessario per il lavoro: rampini per arrivare sul tetto, sonnifero per far addormentare eventuali guardie, cristalli per rompere finestre; altri due di appostamenti

per controllare il numero di guardie e i loro turni.

Il quinto sarebbe stato il giorno, o meglio, la notte per compiere il lavoro.

La cascina era circondata da un giardino quadrangolare, al cui interno erano curati alcuni alberi frondosi, che l'elfo usò per avvicinarsi alla casa; dopodiché arrivato il più vicino possibile alla casa, usò il rampino per arrivare sul tetto, salendo la corda molto silenziosamente.

Giunto sul tetto si aggrappò alla grondaia e prese in mano un cristallo, molto simile a quello che aveva prestato alcuni giorni prima a Myasa. Notò un vetro che molto probabilmente era di una soffitta, usata per cimeli di famiglia non molto vistosi.

Iniziò ad intaccare un cerchio nel vetro con la punta, dopodiché all'esterno del cerchio fece un piccolo foro e introdusse due palline di colore grigio, dopodiché poggio in posizione orizzontale sempre lo stesso cristallo nel centro del cerchio recitando una breve litania nella sua lingua: le sfere furono attirate dal cristallo, intrappolando il vetro, che Raniel poté finalmente rimuovere per aprire la finestra ed entrare.

Era proprio su una soffitta: grazie alla luce lunare poté vedere le armature, le pergamene e le armi, tra cui una daga con una impugnatura nera di pelle, che l'elfo prese e mise nella cinta.

Dopo alcuni istanti, iniziò il suo piano, creare scompiglio in soffitta per simulare un furto, cosi da giustificare il vetro aperto.

Con molta calma iniziò a disporre gli oggetti della soffitta alla rinfusa, come se fossero stati lanciati ma con estrema cautela a non provocare nessun rumore.

Dopo circa mezz'ora di lavoro era riuscito nel suo intento,e pote proseguire con il suo piano; l'ultimo pian, ovvero il terzo aveva una conformazione molto semplice:una sola grande stanza al centro con due accessi, una divisione speculare del piano.

Il piano era solo adibito ad incontri, ricevimenti con ospiti, e sebbene per quella notte non ci fossero ricevimenti, una guardia era sempre all'erta effettuando un presidio davanti la porta, ma Raniel era preparato a questo.

Con se aveva portato un preparato soporifero che con un ago sparò alla guardia, per fortuna di Raniel, la guarda non solo non indossava una armatura pesante, ma la fortuna volle, che indossasse una maglia di lana cosi' da far sembrare l'ago un pizzico causato dalla lana.

Appena la guardia ebbe i primi segno di svenimento, Raniel uscì furtivamente dalla soffitta e lo prese prima che potesse fare rumore sul pavimento: l'effetto della droga non sarebbe durato più di trenta minuti, cosi' senza perdere tempo entrò nella stanza, non prima di aver controllato se dentro vi era qualcuno facendo passare la lama di un coltello sotto la porta, ed averla usata come specchio.

La stanza era spaziosa, ma qualcosa non tornava: essa era troppo corta rispetto alle misure che l'elfo aveva preso, ed in più, l'altra entrata non era speculare alla prima.

Raniel non diede molto peso alla faccenda, e proseguì verso le scaffalature, completamente piene di libri; dopo molto tastare e aiutato dalla luce della luna, riuscì a trovare il libro che avrebbe dovuto scambiare.

Dietro il libro però, era posta una piccola grata, incuriosito Raniel fece spazio togliendo gli altri libri vicino e tese l'orecchio: si potevano sentire delle voci, rese metalliche dalla grata.

Si udivano distinta,mente due uomini tergiversare

"Non abbiamo più notizie da giorni ormai...Come spieghi ciò?"

"Mio signore...non ne ho idea...dopotutto erano pedine sacrificabili..."

"Non si mandano pedine a svolgere i lavori importanti!"disse il primo uomo sbattendo un bicchiere su un tavolo.

"Mio signore...non si ripeterà più...manderemo nostri agenti a raccogliere informazioni"

Dentro l'elfo tornarono in mente i sei uomini che avevano rapito Acima: possibile che stavano parlando di loro?

"Come siamo messi con l'altro lato?"

"Ho mio signore, abbiamo appena catturato un promettente elemento, ma a dire la verità...se mi è permesso..."

"Puoi" rispose l'uomo che si stava facendo sempre più irato

"mio signore...non è abbastanza da poter esserci utile...possiamo provare...l'individuo morirà ma avremmo fatto dei passi avanti..."

"Non basta...Mentre voi giocherellate a catturare un fottuto topo, noi ci rompiamo la schiena a proteggervi, e voi come ci ringraziate? Sprecando il nostro denaro!"l'uomo iniziava ad essere decisamente irritato; i minuti passavano e il tempo a disposizione di Raniel stava per scadere

"Mio signore.. si calmi, abbiamo intercettato circa 3 mesi fa un'ulteriore soggetto per i nostri scopi: è decisamente adatto, sembra possa addirittura... tastarla..."

Raniel fu colpito decisamente da quelle parole, le mani iniziarono a tremare leggermente, ma continuò ad ascoltare mentre rimetteva al suo posto i libri effettuando lo scambio.

"Tastare?Riuscirebbe a vederla e a toccarla?Catturatelo immediatamente"

"Mio signore...al momento abbiamo perso le sue traccie..."

L'uomo sbatte ancora una volta il bicchiere sul tavolo

"Catturatelo: mandate Alagos a cer...."

Raniel non attese oltre, una volta finito di posizionare i libri, uscì dalla stanza e velocemente precorse la stessa strada dell'entrata per uscire.

Era visibilmente agitato, non riusciva a smettere di battere i denti e corse i più velocemente possibile attraverso il giardino.

Giunto nei vicoli del borgo alto prese una strada che sarebbe poi sfociata ad un accesso secondario sul lago.

Barcollava, sbattendo addosso le case, in una scomposta corsa che passo dopo passo affannava sempre più il respiro dell'elfo; dopo una decina di minuti si trovò al ridosso del lago, si chinò sull'acqua e si tolse la sciarpa, il suo viso riflesso era colpo di sudore e lo sguardo visibilmente sconvolto.

Iniziò a piovere, una pioggia fitta e veloce.

Vomitò dopo alcuni minuti passati supino sulla spalla del lago; dopo essersi ripreso appoggiò le spalle su di un piccolo muro, rannicchiò le gambe in posizione fetale e rimase così per molte ore della notte.

La pioggia incessante cadeva sullo specchio del lago creando cerchi d'acqua di magnifica bellezza, cadeva sull'erba, facendo rilasciare quel peculiare odore di erba bagnata, cadde sulle mura della città; non cadde su Raniel, come se ci fosse qualcuno, di invisibile, che lo proteggesse dalla pioggia.

domenica 27 giugno 2010

Capitolo 3

Capitolo 3


I due tornarono con la ragazza al villaggio, portandola in salvo da suo padre.

In molti, erano stati informati dell'increscioso accaduto, e quando video tornare Myasa con la ragazza ci fu immediatamente una ovazione per il coraggioso nano e ovviamente, per il suo compagno sconosciuto.

La ragazza corse immediatamente dai propri genitori, che attendevano nella locanda; si scambiarono un lungo abbraccio carico di sentimenti, il padre dopo aver abbracciato la figlia iniziò a ringraziare Myasa per averla salvata.

Raniel, che non era interessato a quel parlottare decise di ritirarsi nella camera soprastante, la stessa in cui aveva dormito la notte prima.

Si tolse sia la cappa che la sciarpa e si sedette sul bordo del letto; respirò lentamente per scaricare la tensione, dopodiché prese un panno dalla sua sacca che aveva lasciato nella stanza e iniziò a pulire con un unguento le due spade, controllando contemporaneamente il filo.

Passarono una ventina di minuti, che qualcuno bussò alla porta.

"E' permesso?"esordì la ragazza mentre apriva la porta.

Acima non sospettava che l'uomo dalla cappa nera in realtà fosse un elfo: rimase sorpresa dalle due orecchie, lunghe ed appuntite, ora che ci faceva caso,gli occhi stessi, con le pupille leggermente assottigliate erano prerogativa degli elfi.

"Avresti potuto aspettare ad entrare..."rispose Raniel mentre continuava a pulire e a controllare l'arma.

"Mi scusi...Non volevo. Ero venuta a dirle grazie per quello che ha fatto, si può trattenere qui quanto tempo vuole."

Raniel ripose le spade nel fodero e alzò in piedi, sotto la cappa indossava un corpetto di pelle con placche in metallo, ricoperte anch'esse di pelle, per proteggere gli organi vitali e più vulnerabili come cuore, milza fegato; e dove le placche in metallo non servivano, c'era una successione di pugnali sia da lancio, che da scontro diretto.

La cintura di pelle era quasi completamente ricoperta da foderi per coltelli da lancio tranne che per i due foderi delle spade, e una parte, posteriore, per una piccola sacca.

"Domani proseguirò verso Camoka, necessito solo di un'altra notte, nulla più"

La ragazza un po' fu dispiaciuta, era curiosa e voleva chiedere molte cose all'uomo di cui neanche conosceva il nome; sebbene fossero quasi al confine con le foreste degli elfi, non gli era mai capitato di incontrarne uno.

"Almeno per cena ci sei, o no?Non fare lo scontroso, scendi giù, non fare l'asociale come mio zio, che si è ritrovato a cinquant'anni ancora scapolo BWA BWA"

Myasa si presentò davanti alla porta, si era defilato dall'affettuoso padre.

"Acima, tuo padre vorrebbe la tua presenza giù"

La ragazza salutò l'elfo con un cenno della testa e si diresse giù per le scale.

Myasa salutò con un cenno della mano la ragazza e si rivolse all'elfo

"Ti lascio riposare...ha quasi dimenticavo, il cristallo, tieni!"lanciandogli il cristallo"E' un ottimo strumento, ma non fa per me" e si congedò.


La cena trascorse in allegria, tra portate di verdure, carne, dolciumi, birra e vino; Raniel rimase sempre in disparte e notò che ancora una volta il nano non toccò nessun tipo di bevanda alcolica, sebbene si comportasse proprio come una persona decisamente alticcia.

Passarono alcune ore e si arrivò a sera tarda; molte persone iniziarono a rincasare per il lavoro della mattina seguente, svuotando pian piano la locanda;Myasa allora si avvicinò alla ragazza e iniziò a fargli delle domande mentre Raniel decise di coricarsi al piano superiore.


L'indomani mattina era il giorno destinato alla partenza;l'elfo indossò la cappa e la sciarpa, prese li sacco contenente le sue suppellettili che gettò davanti al letto e aspettò seduto su una sedia, davanti la porta.

Myasa, si alzò a mattina inoltrata, si vestì in fretta e furia, maledicendo con vari sproloqui nanici il fatto di essersi alzato tardi, e corse verso la camera di Raniel, aprendola di scatto.

"Sei ancora qui!Per le fornaci di ferro!Sei ancora qui!"esclamò il nano.

"Non credere...Mi hai dato una mano nella foresta ieri, per sdebitarmi ti accompagnerò fino a Camoka"

"Una mano?Ti ho salvato quelle due orecchie appuntite che ti ritrovi"

Raniel si alzò e uscì dalla porta, seguito dal nano

"Se sei pronto andiamo anche ora; hai un carro immagino"

"T'zè sentilo...Si che ho un carro, ho un BEL CARRO!Sarà di sicuro il più bel carro sul quale le tue chiappe si siano mai sedute!"

I due scesero le scale e salutarono Acima e la sua famiglia, dopodiché Myasa salì al posto di guida del suo carretto, un carro semplice trainato da due cavalli di media corporatura, diede un forte colpo alle redini ed il carro partì verso Camoka.

Proseguirono per una strada sterrata per quasi tre ore, dopodiché presero una ulteriore strada percorsa da un piccolo quantitativo di persone con carri e carrozza annesse.

"Questa è la strada che conduce Camoka ad Arem, l'ultima grande prima di inoltrarsi nei territori del nord est, territori burli di terra e spesso innevati; ci vivono delle confraternite di pastori e di devoti alla religione"

Raniel che era sdraiato sul carretto decise di alzarsi e si avvicinò a Myasa

"Cosa gli hanno chiesto?"

Il nano fu colto di sorpresa dalla domanda

"Cosa ti fa sapere che io gli abbia chiesto una cosa del genere?"

"Cosa gli hanno chiesto?"insistette Raniel

"Quello che mi ha detto è strano, o meglio, sono strane le domande!Per i picchi innevati gli hanno chiesto dei Custodi Della Cenere, ti rendi conto?"

Raniel non capiva; per lui era una notizia importante

"Non ti seguo"

"BWA BWA BWA! Ma come non conosci la storia dei Custodi della Cenere e della disperazione del Ghiaccio?"rispose ridendo il nano"E' una dannata favoletta, te la racconto, vieni qui".

Raniel si sedette vicino Myasa e ascoltò la storia

"Secondo questa favola esistevano due famiglie, quella della Cenere e quella del Ghiaccio. Insomma, le due case erano nemiche per un chissà quale motivo che ora non ricordo, ma non è neanche importante sai?Bene, diciamo che entrambe le famiglie iniziarono ad allargarsi sempre di più, diventando con il tempo e con le generazioni come due sette. Insomma, quelle cose segrete no?

Bè insomma, la famigli del Ghiaccio iniziò a colpire città e persone senza un motivo per far uscire allo scoperto quelli della Cenere, volevano annientarli definitivamente"

"E come si conclude questa storia?"

"Il Ghiaccio allora decise di giocare sporco, mi intendo no?"

"No, che non ti intendi"rispose Raniel

"Usa l'immaginazione: iniziarono a lavorare su rituali per creare delle creature, dei mostri con cui uccidere la Cenere. Secondo questa storia il Ghiaccio fu completamente dilaniato da ciò: un rituale andato male uccise tutti i membri importanti della setta, e scomparvero dalla faccia della terra.

La morale della storia, è quella di affidarsi alle proprie forze, cercando, sia che si agisca nel bene o nel male di non ricorrere a artifici vari! Insomma, per mille montagne, chi diavolo sano di mente creerebbe degli abomini?Ricorda però, è una storia che si racconta ai bambini."

"Non mi pare una storia da bambini..."

"Si, ti ho fatto un riassunto...Non sono bravo nel raccontare le storie, non come mia zia, diamine si che lei era brava a raccontare storie BWA BWA!"

Raniel, finita la storia tornò a sdraiarsi, ripensando alla storia e alla morale della storia.

Dopo un paio di ore di tragitto, arrivarono dinanzi le porte di Camoka, splendida città in riva ad uno dei grandi laghi, le sue mura alte più di cinque uomini erano tutte ricoperte di drappi verdi e oro: le porte della città erano imponenti, il legno di cui erano fatte era intagliato con il simbolo della città, un falco pescatore.

Myasa accostò appena fuori e fece cenno a Raniel di scendere.

"Allora, qui ci salutiamo!Avrei voluto passare più tempo con te, sei simpatico, anche se dannatamente taciturno!Devi venirmi a trovare una volta tanto! Intesi?"

"Ti ringrazio per il passaggio...alla prossima"troncò Raniel incamminandosi nella città, mentre Myasa legava il cavallo in una stalla cittadina

Il nano rimase un poco malinconico: non tutti i giorni si poteva incontrare una persona che non fosse umano, e ben che meno si poteva incontrare una persona del suo valore.

Myasa si incamminò alcuni minuti dopo, sperando che un giorno si sarebbero riuniti.

domenica 20 giugno 2010

Capitolo 2



Capitolo 2


L'elfo si svegliò alle prime luci dell'alba con la forte intenzione di uscire e incamminarsi verso Camoka senza la presenza del nano.

Del nevischio posatosi durante la notte sulla finestra suggerì a Raniel che i percorsi montani fossero impraticabili e che il suo viaggio avrebbe preso molto più tempo del previsto.

Indugiò nell'uscire dalle coperte che lo riscaldavano, ma se voleva partire da solo si doveva alzare il più velocemente possibile, scostò le coperte, si infilò gli stivali e indossò la sua cappa e si diresse verso la porta; improvvisamente la porta si aprì e la figura del nano si stagliò davanti a Raniel.

Myasa, trafelato e agitato urlò, incurante di possibili altri ospiti,"MUOVITI! HANNO RAPITO ACIMA"mentre correva per le scale.

Raniel lo seguì sebbene non avesse chiara la situazione: nella sala sottostante, ovvero nella osteria vera e propria c'era il proprietario che teneva pigiato un panno coperto di sangue sopra la ferita dell'uomo che il giorno prima aveva importunato la figlia dell'oste.

"Sono....sei...io..non.."Tentò di parlare, ma il sangue che gorgogliava in gola fermava quasi ogni parola

Raniel si chinò verso l'uomo agonizzante; chiudendogli gli occhi , pose una mano sulla fronte e recitò una breve litania facendo addormentare l'uomo

"dormirà per un massimo di dieci ore portatelo da un medico per ricucirlo il prima possibile, qui posso solo stabilizzarlo"

Il locandiere, con l'aiuto di sua moglie caricò l'uomo su di un carretto e si lanciò a capofitto verso il medico del villaggio.

La moglie quasi svenne, Myasa fu lesto a porgergli una sedia

"Hanno preso mia figlia, sono andati a nord, nel bosco che fa da confine...Io..."

Il nano strinse la mani della donna con le sue creando un quadretto di intimidita che cozzava con la natura rozza e pacchiana dei nani; poi la guardò con ferma sicurezza e si rivolse a Raniel

"Andiamo" e uscì dalla locanda.

Raniel lo seguì, in realtà era riluttante: non era un suo problema e sarebbe potuto benissimo scappare via e continuare per il suo viaggio, dopotutto non aveva nessun obbligo morale verso il nano o verso la donna.

"Dovrei aiutarti?"

"Si, per i martelli figli di fornaci, dovresti, non hai un po' di buon senso in quella testa?"

"Non è affar mio a dire la verità...."rispose Raniel"....sono in debito con te di una cena no?"

Myasa sorrise, pensò che l'elfo stesse cercando di celare con parole dure un animo più malleabile

"Si, perbacco lo sei...Un nano, o elfo, dovrebbe sempre onorare i debiti contratti..."

Raniel abbozzò una smorfia di stizza a quelle ultime parole; tirò su la sua sciarpa in modo da far trapelare dal suo viso solo uno sguardo di indifferenza.

Myasa iniziò a gironzolare vicino ai cavalli, cercandone uno della sua taglia per poterlo cavalcare.

"Vediamo...vediamo....prendiamo un cavallo e circumnavighiamo il bosco prendendoli da davanti!Gli daremo tante di quei calci che avranno i culi rossi per anni!"

"Pessima idea: addentriamoci nel bosco, li raggiungeremo nel pomeriggio e li prenderemo alle spalle..."

"E come li troviamo nel bosco?Non sappiamo se ci sono ancora dentro!"rispose il nano stringendo l'impugnatura dell'ascia.

Raniel prese un piccolo cristallo a forma piramide

"Lancialo in terra o tienilo in mano e segui la punta: ti indicherà la strada verso un altro cristallo che terrò io"

Myasa prese il piccolo cristallo ed iniziò a guardarlo con circospezione storcendo la bocca, non convinto che quel cristallo potesse funzionare, quando si rigirò verso Raniel lo vide addentrarsi a gran velocità nella foresta.

Raniel era davanti Myasa di alcune centinaia di metri, ma la fitta vegetazione impediva ai dure di potersi vedere e di darsi precise indicazioni. Ad un tratto Raniel vide alcuni rami spezzati e terra calpestata: una traccia.

Si chinò per controllare meglio, dopodiché saltò su un ramo di un albero e iniziò a saltare da un ramo all'altro avanzando in direzione delle traccie in grande silenziosità.

Passarono alcune ore, le traccie si fecero sempre più fresche e Raniel accelerò il passo.

Vide in lontananza un pino e con scaltrezza, decise di arrampicarvicisi fino alla punta per scovare un possibile fuoco; i sei personaggi si erano accampati a circa tre chilometri in direzione nord.

Intanto dietro il nano, piuttosto goffo nella corsa in foresta, era intento a parlare tra se e se per sopperire alla mancanza di un interlocutore.

"E' proprio un bell'aggeggio! Mi ricorda mia zia che si fece male quando usò una palla di magia, o quello che era, per cuocere uno stufato!BWA BWA, povera zia!Chissà se è morta..."

Dopo alcuni minuti di corsa, il cristallo iniziò a puntare verso l'alto, il nano si fermò proprio sotto un albero e da li scese Raniel sorprendendolo.

"Per i martelli di ferro, ragazzino, stai attento quando decidi di saltare dietro ad uno nano!Non vorrei farti fare come mia zia, che per poco durante una raccolta di fungh..."

Fu interrotto dalla mano di Raniel che lo strattonò di peso dietro l'albero: erano vicini al gruppetto che inseguivano ormai da alcune ore.

La ragazza era a poche decine di metri dal fuoco che poco prima aveva scoperto, legata ad un masso; uno degli uomini gli era accovacciato vicino, forzandola a guardarlo in viso.

"Sono sei, troppi, dobbiamo sfoltirli, te rimani qui io vado avanti."

"Posso prenderne uno con l'arco e poi scappare, te prendi Acima e scappa indietro, io li seminerò; sarò pure nano ma sono cacciatore, so come fuggire..."rispose il nano prendendo in mano l'arco.

Raniel lo fece desistere ancora e si avviò di soppiatto verso il gruppo di uomini.

Girando attorno al campo che i sei si erano costruiti, riuscì a sdraiarsi dietro un cespuglio di roveri, a poca distanza dalla ragazza riuscendo a sentire i discorsi di alcuni uomini.

"E' inutile...non parla, neanche drogata non spiccica parola: o non sa nulla o abbiamo preso la persona sbagliata...Comunque non capisco..."

"Non devi capire: era lei, di sicuro. Si saranno sbagliati e ci hanno fatto fare un buco nell'acqua."

L'uomo che priva era accovacciato vicino la ragazza si alzò e iniziò con fare minaccioso a rispondere per le righe

"E chi se ne importa: loro ci pagano per rapire una ragazzina, per chiedergli di favolette idiote e poi si scopre che neanche è quella giusta? Lo capisci che siamo stati fregati? Siamo arrivati fino a qui da Camoka e non abbiamo combinato nulla, anzi te lo dico io, neanche ci pagheranno..."

"E allora ci terremo la ragazza...Non trovi?"I due uomini si divisero andando a sedersi sul fuoco insieme agli altri, Raniel sgusciò vicino a quelle che dovevano essere le loro provviste, e mise una polvere in una sacca contenente acqua, dopodiché tornò verso il nano.

"Allora, che stanno facendo?Possiamo menarli ora?"

"No, ho versato un lassativo dentro una borraccia, almeno uno si allontanerà dal gruppo e..."

Proprio in quel momento uno dei sei si stava alzando e si diresse verso i due, stava cercando un albero su cui urinare, e appena lo trovò Raniel lo prese alle spalle zittendolo con una mano. Lo trascinò all'ombra di un albero, estrasse una daga da sotto la cappa e gli tagliò la gola di netto senza fagli emettere nessun grido.

Adagiò il corpo interra e pulì la lama con un secco gesto.

Il nano non guardò tutta la scena, girandosi dall'altra parte; una volta finito il lavoro si rivolse all'elfo"Da quant'è che tagli gole?"

Raniel dapprima non proferì parola poi ,dopo essersi adagiato all'albero lentamente, rispose

"Non è questo il momento, sono in cinque: almeno altri due dobbiamo farli fuori...rimani qui"

Ma il nano non attese.

Uno degli uomini seduti al fuoco poco distante dalla ragazza si era alzato e guardava la ragazza con occhiate lussuriose

"Ragazzi, visto che abbiamo deciso di tenerla che ne dite, ce la possiamo anche sbattere?"

"Perché no, ma lasciane un po' anche a noi"terminò uno e tutti annuirono con una corale risata.

Appena l'uomo arrivò in prossimità della ragazza, Myasa saltò da dietro il cespuglio che prima Raniel aveva usato e tranciò in due l'uomo che aveva dinanzi con la sua ascia.

"ACIMA! CHIUDI GLI OCCHI, NON GUARDARE"

La ragazza chiuse gli occhi, poco prima che la scia di sangue del suo aguzzino la inondasse completamente.

I rimanenti quattro, vedendo il compagno dilaniato, imbracciarono le armi puntando verso il nano, ma due di loro i più vicini a Myasa furono trapassati contemporaneamente alla schiena da due spade. Caddero al suolo nello stesso istante del primo, trapassato da Myasa, in una azione estremamente coordinata.

I due uomini rimasti, cambiarono subito obbiettivo mirando all'elfo, con due fendenti.

Raniel, che era in una posizione pericolosa trovandosi dietro altri due uomini armati di tutto punto,lasciò l'impugnatura delle spade e si lasciò andare all'indietro, mentre da sotto la cappa estrasse due pugnali, lanciandoli verso i due avversari.

Un pugnale colpì a morte un uomo, l'altro fu colpito alla spalla; una ferita troppo lieve per fermare l'affondo di scure che stava per cadere su Raniel.

Pochi istanti prima che la spada cadesse sulla testa dell'elfo, Myasa colpì l'ultimo avversario con una freccia in pieno petto che volò all'indietro per più di metà metro.

"ZACT! IN PIENO PETTO CANE!"


sabato 12 giugno 2010

Capitolo 1

Capitolo 1


Le gocce cadevano con cadenza dall'infisso della finestra; la pioggia era da poco cessata e le strade del piccolo villaggio erano fredde, quasi deserte. I più erano rincasati per la pioggia e vista l'ora tarda, molti avevano deciso di chiudere bottega e di tornare dalle proprie famiglie, o nell'osteria del villaggio; Calda accogliente, l'unico luogo di allegria e spensieratezza dell'intero villaggio.

Una figura umana fissava le gocce di pioggia cadere dal vetro, era seduta in un angolo in disparte della locanda, lontano dallo schiamazzo degli altri ospiti.

Stava li, seduto sulla panca, con la schiena pigiata al muro, lo sguardo fisso e assente stampato sul viso; indossava una cappa di colore nero che di poco non gli impediva la vista; un piede puntato sulla stessa panca lasciava intravedere dal mantello il gambale di pelle, anch'esso nera, e vari foderi contenenti coltelli di piccola dimensione.

"Eccoti il tuo infuso, ed il resto"L'uomo fu bruscamente risvegliato dalla voce rauca dell'oste, un uomo sulla quarantina, dalla atticciata corporatura, che poggiò sul tavolo una piccola coppa contenete un infuso di colore rosso e delle monete"Sei sicuro di non volere altro? Pane?Legumi? Abbiamo un ottimo stufato!"

"No, grazie va bene cosi'..."Rispose la figura, una volta messe in una sacca le monete

"Comunque, se cambi idea e ti sale l'appetito, chiama mia figlia; è quella ragazza che gira per i tavoli prendendo le ordinazioni."Si girò per indicarla, sperava di aver solleticato il suo ospite ad ordinare qualcosa, ma non fu cosi'; prese il vassoio e si diresse al bancone.

La figura nera si mise a suo agio sulla panca e prese in mano la ciotola con l'infuso, abbassò la sua sciarpa scoprendo due labbra fini e violacei, causa del freddo di quella giornata; prese grandi sorsate di quel caldo infuso continuando a guardare fuori dalla finestra, lo finì in una decina di minuti e posò la ciotola sul tavolo.

Non ci volle molto che la figlia del proprietario venisse a ritirare la ciotola vuota

"Vuoi dell'altro?Pane?Legumi?Abbiamo..."

Venne interrotta dalla figura nera"Un ottimo stufato...Portamene uno"

La ragazza fece cenno di assenso e si diresse verso la cucina.

Non aveva gran fame, ma un lungo viaggio lo aspettava e decise che qualcosa andava messo sotto i denti.

Alcuni minuti dopo, le voci nel locale si fecero più alte, cori di stonati lavoratori si alzavano da molte tavolate dove il vino abbondava.

Un uomo dalla corporatura massiccia e ben piazzato, decisamente un contadino o un fabbro, riuscì a prendere e portare sulle proprie gambe la figlia dell'oste,i più della tavolata iniziarono a schiamazzare ancora di più, mentre la ragazza visibilmente imbarazzata, cercava di divincolarsi; dopo non molto, forse a causa del vino, la situazione iniziò a degenerare, e l'uomo iniziò ad innervosirsi e strinse con forza il polso della ragazza per farla stare ferma.

Il padre buttò lo straccio sul bancone con un gesto di stizza e si incamminò verso sua figlia, deciso a porre fine alla questione ma, prima che arrivasse in soccorso di sua figlia, l'uomo dalla cappa nera era già lì che si stagliava davanti la scena; l'uomo allora, lasciò andare la ragazza, prese un grande sorso di vino direttamente da un'otre e si alzò guardando negli occhi il nero ospite.

Era molto grande quasi due metri, spalle possenti e aveva una falce che usava per mietere il grano e per difendersi da scocciatori, soprattutto da scocciatori viandanti.

"Cosa vuoi piccoletto?"chiese chinandosi verso il viso del suo interlocutore.

"Te lo ripeto: cosa vuoi piccoletto?"chinandosi ancora di più.

Non ricevendo risposta, il nerboruto contadino sferrò un pugno che fu deviato dal braccio sinistro del suo piccolo avversario: con quella mossa il contadino lasciò scoperta tutta la parte sinistra del corpo ad un attacco; l'avversario estrasse una daga da sotto la cappa nello stesso istante in cui deviò il pugno, e diete una forte stoccata al petto dell'uomo, per ferirlo a morte.

La lama si arrestò prima di colpire l'uomo: fu fermata da una grande ascia bipenne, spuntata dal nulla come se provenisse da sottoterra.

La lama dell'ascia bipenne era ancora tra petto e daga che una voce riscosse l'attenzione dei presenti.

"Qui sotto! Devi stare molto attento con quegli arnesi, una volta mia zia ci si tagliò quasi un dito...Che donna sbadata, come diavolo avrà fatto a trovare marito?"

Era un nano, poco più alto di un metro, barba rossiccia che avvolgeva quasi tutto il viso in un tutt'uno con i capelli: indossava una pesante imbottitura e una pelliccia; una faretra e un arco sulle spalle ne indicavano la professione, quella di cacciatore come la sua preda confermava.

Continuò a parlare come se nulla fosse, di cose banali e futili riguardo la zia e suo marito mentre giochicchiava con la sua barba, poi di un tratto stacco l'ascia dalla daga, spingendola all'indietro per far indietreggiare il suo possessore, dopodichè si girò verso il contadino mostrandogli la preda

"Questo è il cinghiale che ti mandava a puttane il raccolto, lo vedi quanto è grosso?Ci ho messo una settimana per trovarlo, e poi ZACT! Una freccia in pieno cranio! Guarda!Volevo tenerne metà per me, ma visto che ti ho appesa salvato il culo me lo tengo per me, va bene? ANZI! MEGLIO ANCORA" , lanciò la bestia sopra il tavolo e salì prima sulla panca poi sul tavolo e iniziò ad urlare"MEGLIO ANCORA DIVIDERLO CON VOI, GENTILI OSPITI!".

Tutti passarono da muti a festosi e chiassosi, come se nulla fosse accaduto: alcuni uomini presero il nano sotto le gambe e lo portarono sulle loro spalle in segno di giubilo per i tavoli, mentre il cinghiale veniva cucinato per tutti i commensali.

L'uomo dal cappuccio nero intanto aveva riposto la daga nel fodero e aveva ripreso il suo posto.

Fuori scese la notte e la locanda iniziava ad essere decisamente movimentata per i gusti dell'ospite incappucciato fece per alzarsi ma nello stesso istante sul suo tavolo arrivarono due piatti di cinghiale fumante, letteralmente lanciati dal nano il quale prese una sedia dal tavolo vicino che non stava venendo usata, ci mise sopra la faretra e ci si mise seduto.

Afferrò un corpulento pezzo di carne addentandolo.

"Devi stare attento con quell'arnese, taglia sai? Mia zia ci si tagliò quasi un piede; dimmi dove hai trovato un aggeggio del genere?Bello è si. Non se ne vedono molti del genere, ma immagino che dalle tue parti si trovino coltellacci del genere, non è vero elfetto?"

Il nano destò l'attenzione del suo ospite.

"Come..."

"Dalla mia “altezza” si vedono cose che voi umani o elfi possiate vedere...."e iniziò a ridere mandando pezzi di carne su tutto il tavolo

"OSTE! PORTAMI UN PO' DELLA SOLITA ROBA PER ME E PER IL MIO AMICO!"

L'elfo rimase in silenzio fissando il nano

"Non mangi la carne? E' buona sai?Ci ho messo una settimana per prendere questo bastardino, e poi ZACT! Un colpo in fronte, BWA BWA BWA" Poi cambiando decisamente tono "Non non ricordo come ti chiami"

"E' perché non te l'ho detto"

"Il mio nome è Myasa, sono un cacciatore e sono qui da quasi un anno, te che fai per vivere?Viaggi e racconti storie?Canti?No aspetta gli elfi non anno storie carine, però cantano bene BWA BWA: Me lo vuoi dire il tuo nome?"

Nel frattempo arrivò una otre e una scodella contenete una tisana verde, il nano riempì all'elfo la scodella e ingurgitò per molti secondi il contenuto dell'otre

L'elfo prese in mano la scodella, e dopo averne saggiato il gusto si rivolse al nano

"Pensavo che i Nani non perdessero occasione per bere birra..."

Il nano si fermò poggiando la giara sul tavolo rispondendo in modo serio "No io no, preferisco questi intrugli..."e riprese a tracannare il liquido non prima di un sonoro rutto.

L'elfo prese il piatto di cinghiale ed iniziò a mangiarlo

"Mi chiamo Raniel"

"Hoo... un nome umano, significa dio è la mia felicità, o qualcosa del genere"

"Il tuo non mi pare un nome da nano"

"No, è umano pure questo ormai ci vivo da una vita...una ventina di anni circa...Deve essere stato l'anno dopo che mia zia quasi si tagliò l'orecchio con un coltello BWA BWA, e te?Come mai nome umano?"

"E' il mio nome ori...."

Raniel non riuscì a finire la frase che il nano lo interruppe

"Ha, non essere cosi' impulsivo: prima con quello li. Non è cattivo, vedi mi hanno raccontato che un paio di anni fa aiutò con grande fatica il villaggio e non solo"continuò il nano dopo aver ingoiato l'ultimo pezzo di carne"Si arrischiò al nord, tra monti e foreste per prendere medicinali che in quell'inverno scarseggiavano; lui e la ragazza sono molto amici, e che spesso si fa prendere dal vino..."

Il nano aveva una strana luce negli occhi e la sua parola si era fatta calma e sommessa nel momento che parlò dell'uomo e di come il vino fosse per egli un problema; Raniel se ne accorse ma non volle chiedere nulla al nano, dopotutto non erano affari che lo riguardavano.

"Dove sei diretto Raniel?"

"A sud, nella città di Camoka"

"OTTIMO!Anche io devo brigare delle faccende li! Domani andremo insieme BWA BWA BWA!"

Raniel stava per proferire qualcosa riguardo al voler viaggiare da solo ma il nano si alzò bruscamente"BENE! Non c'è nulla di meglio di una bella dormita dopo una settimana di caccia e una buona cena!Ti farò avere una stanza dall'oste, offro io! BWA BWA BWA ricordati di farmi vedere quel coltello domani mattina!"e si incamminò verso le scale che conducevano verso le sale da notte.

Raniel rimase basito dal chiassoso nano; Pensò di alzarsi presto l'indomani e di proseguire verso Camoka in solitudine.


venerdì 11 giugno 2010

Capitolo 0

Pioggia.

Una fitta ma leggera pioggia che irrorava tutta la foresta.
Le foglie delle piante del sottobosco la salutavano, catturando le infinite gocce d'acqua che dal cielo cadevano.
Gli animali, invece, si coricavano nelle proprie tane, per non far bagnare il pelo.
Anche l'uomo sente il bisogno di ripararsi sotto un grande albero.
Conficca le spade nel terreno, poggia la propria schiena sul tronco, sedendosi su un letto di foglie secche...

Sa che dietro c'è chi lo cerca.
Forse sono lontani.
Forse sono vicini.
la pioggia farà perdere le traccie.
Forse riuscirà a fuggire.
Probabilmente nò.

Chiude gli occhi.
Poggia la testa contro l'umido legno.

Ripensa a ciò che non dovrebbe pensare, assiste ancora una volta a ciò che ha compiuto.
Macchia le lame e le mani del sangue e disperazione.

Riapre gli occhi, guarda le spade; ancora vi è attaccato del sangue raggrumato.

Si alza, prende le sue lame e si dirige verso un piccolo stagno, dall'acqua limpidissima.

Prima una lama, poi l'altra, lava via il sangue.
Non è cosi' facile per l'anima.
Non è cosi' facile per i ricordi.

vede se stesso riflesso, un sè stesso che non riconosce...
Più si avvicina e più i lineamenti di quell'uomo si fanno simili ai suoi, finchè l'immagine ed il reale si fondono.

Fredda è l'acqua di foresta.
la sensazione di gelo permea la pelle.

Piano piano il senso di oppressione dell'anima scivola via, i ricordi si fanno sempre più diluiti...

Una grande mano abbraccia l'uomo e lo strattona via fuori dall'acqua.

Lo getta in terra.
Sul prato bagnato.

Piange l'uomo.
Non per la sua anima.
Non per la sua azione.
Sente un calore.
Sente l'abbraccio.
Non vede nulla.